Datore di lavoro responsabile dell’infortunio sul lavoro occorso a un suo operaio entrato in collisione con il carrello di sollevamento guidato dal collega. Nel caso di specie, il datore di lavoro, nonché direttore di stabilimento, è stato condannato in sede di merito del reato di lesioni colpose (art. 590 c.p.) ai danni del lavoratore.
L’accusa è di non aver disposto che le vie di circolazione e transito fossero predisposte e segnalate, così da differenziare le aree di deposito e quelle di lavoro. Tutto ciò al fine di evitare possibili collisioni tra pedoni e carrelli elevatori, garantendo in questo modo la sicurezza dei pedoni e dei conducenti dei carrelli. L’operaio infortunato, infatti, uscendo dalla porta del proprio reparto e in condizione di limitata visibilità, entra in collisione con il carrello di sollevamento e trasporto condotto da un collega.
Il Giudice di merito evidenzia come sia dalle deposizioni che dall’esame della documentazione fotografica acquisita sia emersa la presenza di materiale accatastato accanto alla suddetta porta. Tale materiale avrebbe quindi limitato la visibilità sia del pedone che del conducente del carrello. Inoltre, la presenza di detti materiali non risulta frutto di una situazione straordinaria. Questo per l’assenza di specifiche indicazioni volte a evitare tale presenza e per la mancata adozione di provvedimenti in tal senso.
La Corte Suprema conferma la responsabilità datoriale
Nel ricorrere alla Corte Suprema, il datore di lavoro deduce che:
- il carrellista aveva esperienza ventennale nella conduzione di carrelli;
- il carrello elevatore aveva una velocità idonea ed era dotato di lampeggiatore con luce arancione, dunque tale da essere facilmente visibile;
- l’infortunato sapeva che quella zona era interessata dal passaggio di carrelli poiché svolgeva da lungo tempo la sua attività lavorativa nel reparto di scatolamento.
Secondo l’imputato vi era quindi la possibilità, per l’infortunato, di accorgersi dell’arrivo del carrello elevatore. E questo semplicemente adottando l’abituale norma di comportamento propria del normale pedone stradale e consistente nell’osservare se la via è libera.
Con la sentenza n. 36181/2021, la Corte Suprema di Cassazione ha ritenuto non valide le argomentazioni proposte dal datore di lavoro poiché esulano dal novero delle censure deducibili in sede di legittimità. Siamo qui, infatti, nell’ambito della ricostruzione dei fatti riservata al giudice di merito, le cui determinazioni, sorrette da motivazione congrua ed esauriente, sono insindacabili in Cassazione.